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In questo articolo introdurremo la scienza semiotica e illustreremo il suo ruolo nella gestione delle conoscenze e dei linguaggi della medicina.
1. La scienza semiotica
Tra le scienze e le discipline umane, sociali e umanistiche che si occupano dello studio dei sistemi di comunicazione e di interpretazione ne esiste una che ha fatto di questo la propria missione ed il proprio specifico oggetto di studio: la semiotica. La semiotica è la scienza che studia i sistemi di significazione e i processi di comunicazione dei fenomeni culturali, cioè il modo in cui gli esseri umani danno dei significati e dei sensi a ciò che comunicano e a ciò che viene loro comunicato.
Più nello specifico, la semiotica è la scienza della comunicazione che studia il modo in cui vengono creati, interpretati e trasferiti i segni e i simboli che sono utilizzati nella comunicazione e nella comprensione umana tramite le interazioni sociali, ed essa è una scienza interdisciplinare perché attraversa i saperi delle scienze umane, sociali e umanistiche e si avvale dei loro metodi, delle loro tecniche e dei loro strumenti.
Occuparsi di semiotica vuol dire studiare il procedimento che si avvia con la percezione di un indizio da parte dei nostri sensi esterni (un suono che udiamo, un’immagine che vediamo, un profumo che odoriamo, un gusto che assaporiamo, un contatto fisico che percepiamo), oppure da parte dei nostri sensi interni (un ricordo che ci viene in mente, un’emozione che ci desta qualcosa che arriva dall’esterno o una sensazione che ci causa qualcosa che ci viene direttamente da dentro).
Questo procedimento, che noi facciamo in maniera automatica e poco consapevole, ci porta prima a dare dei significati a quell’indizio (odo un suono di campane/vedo una foto di me bambino con in testa un finto elmo da legionario/annuso la mia maglietta e sento odore di terra/assaporo il gusto dolce di un mandarino/percepisco sulla pelle il tipico sfregamento che provoca un tessuto di lana/ho dimenticato di andare al compleanno del mio amico/ mi commuovo assistendo ad una sinfonia di Respighi/ provo nostalgia per i miei nonni che vivono lontano) e poi a dare a quell’indizio un senso finale (l’orologio della chiesa mi dice che è mezzogiorno/sin da bambino amavo la storia romana/devo mettere la maglietta in lavatrice/questo mandarino è siciliano/il maglione di lana che indosso mi irrita la pelle/il mio amico potrebbe essersi offeso/Respighi è il mio compositore preferito/devo rivedere i miei nonni).
2. Medicina e semiotica sono insieme da 2500 anni
La semiotica è una scienza molto antica che esisteva già nel mondo greco-romano e che si è data la sua forma attuale durante il ventesimo secolo. Il termine “semiosi” è riportato per la prima volta da Filodemo di Gadara, un filosofo greco vissuto nell’Italia meridionale oltre duemila anni fa, che chiama «semeiosis» il procedimento che porta alla generazione del senso, il quale avviene mediante il rimando continuo di un «semeion», letteralmente un segno, cioè, un indizio, al suo significato corrispondente, ed egli ci lascia intendere che questi termini e il concetto stesso fossero ben noti ai suoi contemporanei.
Ma, ben cinque secoli prima, è stata la medicina ad usare un termine analogo, con il medico greco Ippocrate, il quale, venticinque secoli fa, chiama «semeiotikon» l’arte di dare dei significati di natura medica ai «semeia», cioè, gli indizi che rivelano la presenza di malattie, ed il termine è giunto fino a noi: si chiama, infatti, «semeiotica medica» la disciplina che studia i segni clinici che indicano una malattia.
E, cosa ancora più importante, la medicina ha lasciato in eredità alla scienza semiotica uno strumento di pensiero che rappresenta, in realtà, il caposaldo di tutte le scienze: lo schema inferenziale che lega due proposizioni (P e Q) mediante un nesso ipotetico e che in linguistica si chiama periodo ipotetico (protasi-apodosi) e che è sintetizzabile nella frase: «se questo allora quello».
Dilungarci sull’importanza di questa frase per tutte le scienze ci sembra superfluo, vale la pena, piuttosto, soffermarci su un particolare: è stata, ancora una volta, la medicina ad estendere ulteriormente il nesso ipotetico al passato e al futuro e ad unire tutto in uno schema passato-presente-futuro, che può essere sintetizzato mediante tre varianti di una stessa frase: «se nel presente questo allora nel passato quello», «se nel presente questo allora nel presente quello», «se nel presente questo allora nel futuro quello».
Ma c'è un altro aspetto della medicina di venticinque secoli fa che rappresenta ancora un punto di riferimento per la medicina odierna, per la scienza semiotica e per la scienza tutta in generale: il costante sforzo che già a quel tempo essa compie per dare a sé stessa un rigore metodologico e un paradigma scientifico che la distinguessero dalle arti divinatorie, ed il procedimento di elaborazione dei «semeia», cioè, dei segni, doveva essere la dimostrazione inequivocabile di questa differenza.
Nel periodo romano il termine greco «semeia» diventa il latino «signa», simile alla parola italiana con medesimo significato: «segni», e mantiene sempre, in una certa misura, il suo significato originale, riscontrabile negli oratori latini classici come i romani Marco Tullio Cicerone nel secolo a.C., e Marco Fabio Quintiliano nel I secolo d.C., e, in seguito, nei teologi e filosofi della chiesa come il romano Aurelio Agostino D’Ippona nel IV secolo d.C., il quale, per primo, elimina la distinzione tra segni linguistici e non linguistici.
Occorre fare un salto di oltre un millennio per arrivare al 1600, con il teologo e filosofo portoghese J. Poinsot, che riportò lo studio dei segni all'attenzione degli studiosi, e per assistere alla traduzione nelle lingue moderne dell'antico termine con il quale greci e latini identificavano la scienza semiotica e, ancora una volta, sono i medici ad avere un ruolo da protagonisti, con il medico e filosofo inglese J. Locke ed il medico H. Stubbe, i quali introdussero, rispettivamente, il primo il termine greco «semiotike», e il secondo la sua traduzione corrispondente in inglese «semeotics».
E, di nuovo, dopo i medici arrivano i filosofi quando, nell'Ottocento, il filosofo statunitense C.S. Pierce reintroduce il termine «semiosis» e ne fa il perno di una disciplina che chiama «semiotics» e, nello stesso periodo, il linguista svizzero F. De Saussurre da origine ad una disciplina che chiama «semiologie».
E si giunge, infine, al 900, durante il quale si crearono le basi per trasformare gli studi sulla significazione in una scienza accademica e che condussero ad una sua prima ramificazione: un ramo filosofico, che prende il nome di «semiotica», e che di avvale del contributo di studiosi come lo statunitense C.W. Morris, l'ungherese-statunitense T.A. Sebeok e l'italiano U. Eco, e un ramo linguistico, che prende il nome di «semiologia», e che beneficia dell'apporto di studiosi come il danese L.T. Hjelmslev, il francese R. Barthes, il franco-lituano A.J. Greimas e l'italiano P. Fabbri.
Questo descrizione della storia della scienza semiotica non è affatto esaustiva e trascura il contributo fondamentale di molti importanti studiosi che le hanno permesso di svilupparsi e di progredire in un percorso che è in piena evoluzione e in continua trasformazione e che lascia pochi dubbi sul fatto che la condurrà verso una sua ulteriore divisione: da un lato, ci saranno rami di studio che si allontaneranno, sempre più e di proposito, dai paradigmi di scientificità, per potere meglio studiare particolari fenomeni umani e sociali per i quali, semplicemente, l’uso del paradigma scientifico non avrebbe alcun senso e, dall’altro, vi saranno rami di studio che proseguiranno, con sempre maggiore forza e rigore, verso l’adozione di paradigmi di scientificità più stringenti che permetteranno lo sviluppo di teorie, metodi e tecniche destinati alle applicazioni pratiche e, probabilmente, essa continuerà a frammentarsi, assumerà nuovi nomi, si porrà nuovi obiettivi e alla fine, come sempre, sarà la storia a dire l’ultima parola.
Quello che possiamo dire oggi è che la formidabile accelerazione degli studi sulla significazione dell'ultimo secolo hanno trasformato alcuni dei suoi rami in una scienza: la «scienza della significazione» che in italiano ha il nome di «semiotica» e i cui studiosi si chiamano «semiologi».
3. La scienza semiotica applicata
La semiotica applicata fa parte del settore delle scienze della comunicazione che si occupano di elaborare dati che non descrivono fenomeni fisici, come, ad esempio, la distanza o il tempo, ma fenomeni culturali, come azioni, parole, immagini, suoni, espressioni ecc. Questi tipi di dati non sono analizzabili in modo oggettivo, cioè con metodi matematici o statistici, perché non sono fenomeni naturali di tipo fisico o biologico, ma sono fenomeni sociali umani e descrivibili solo tramite interpretazioni soggettive.
Sono i dati che caratterizzano il sistema di comunicazione degli esseri umani, ossia, il modo in cui essi interagiscono con i loro simili e con tutte le cose animate, inanimate e artificiali, cose alle quali essi devono sempre dare un senso e un significato “umani.” Su questi concetti di “senso” e di “significato” si poggia l’intera civiltà umana, che è fatta di convenzioni sociali come le leggi, le usanze, le tradizioni, i linguaggi. Sono tutte cose che non esistono in natura perché sono fenomeni culturali creati dalla mente umana.
Occuparsi di semiotica applicata vuol dire, in primo luogo occuparsi di “semiotica specifica”, cioè concentrare i metodi, le tecniche e gli strumenti della semiotica in un settore di studi particolare con lo scopo di individuare e di costruire un “sistema semiotico”, vale a dire un insieme chiuso di segni, simboli e linguaggi che identifica un particolare ambito culturale, affinché possa essere studiato e su di esso si possano formulare delle regole d'uso utili allo svolgimento di specifici compiti applicati nel mondo reale.
4. La scienza semiotica applicata alla medicina
Ma non bisogna dimenticare che la scienza semiotica nasce dalla medicina e dalla filosofia greche ed ha oltre duemilacinquecento anni di storia. La parziale origine medica della scienza semiotica ha permesso ad essa, ciclicamente, di progredire nel sapere e di indicare la strada del futuro alle scienze umane e sociali e questo non dovrebbe sorprendere troppo, se riflettiamo su quanto la medicina sia sempre stata una delle attività umane che più richiedono complessi procedimenti di significazione ed essa è, da 2500 anni, una scienza applicata, caratteristica che condivide con la scienza semiotica.
Ed è, sicuramente, soprattutto per questa ragione che la medicina è sempre stata una delle scienze che più hanno mostrato il risvolto applicativo degli studi sulla significazione e la loro capacità di essere, contemporaneamente, metodo tecnica e prassi, perché la medicina è fatta di una serie di conoscenze tradotte in un modo di ragionare e destinate ad un modo di agire nel mondo reale e non è un caso se, ancora oggi, dopo 2500 anni, tutti i giorni e in molte parti del mondo, i medici usano la semeiotica medica per diagnosticare le malattie e per controllare la loro evoluzione.
Questo aspetto è tutt’altro che secondario, anzi, è il più importante. La possibilità di applicare i propri studi è la più grande manifestazione di progresso che esista, perché la società progredisce solo quando le scienze teoriche trasformano una parte di esse in scienze applicate e producono strumenti materiali ed immateriali che diventano beni e servizi che aiutano la popolazione a progredire in un campo.
Oggi, nonostante sia, insieme alla filosofia, la più antica e la più nobile delle madri della scienza semiotica, la medicina si è allontanata molto da essa ed ha abbracciato, sempre più, le scienze naturali, come la fisica e la chimica, e ne ha sposato i linguaggi, la matematica e la statistica e, da un certo punto in poi, non ha voluto o non ha saputo cogliere le innovazioni e gli strumenti epistemologici, teorici, metodici ed empirici sviluppati nell’ultimo secolo dai semiologi. E, pur riconoscendo il grande contributo delle scienze naturali, delle ingegnerie e delle intelligenze artificiali alla medicina, resta comunque il fatto che, come esposto finora in questo testo, la medicina è un fenomeno culturale, e soltanto riconoscendo la sua storia e la sua essenza più profonda potremo essere in grado di migliorare la qualità delle diagnosi e delle cure mediche e, in definitiva, di aumentare la qualità e la durata della vita delle persone.
E, pertanto, poiché la medicina è un fenomeno culturale, noi riteniamo che essa possa essere studiata come un sistema semiotico mediante i metodi, le tecniche e gli strumenti della scienza semiotica applicata e siamo convinti che essa sia particolarmente adatta per comprendere e per gestire la complessità delle conoscenze e dei sistemi di comunicazione e di interpretazione della medicina.
5. Conclusione della quarta parte
A conclusione della quarta parte della nostra risposta alla domanda iniziale abbiamo compreso che:
1. la semiotica è la scienza che studia i sistemi di comunicazione e di interpretazione culturali.
2. La semiotica e la medicina hanno una storia comune millennaria che le accomuna in molte cose.
3. La semiotica applicata costruisce degli strumenti di comprensione di uno specifico ambito culturale.
4. La semiotica applicata è ideale per comprendere e gestire l'ambito culturale specifico della medicina.