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Il problema delle malattie neuromotorie come ictus, sclerosi multipla, malattia di Parkinson, traumi, tumori o interventi chirurgici al cervello rappresenta un problema di primo piano nella nostra società. Siamo più che certi del fatto che non sia necessario dilungarci sull’impatto fisico, psicologico, sociale ed economico che le varie forme di disabilità motorie hanno sulle persone che ne sono colpite e su quelle che le circondano, ci limiteremo a dire che sono, in una parola sola, devastanti.
Le malattie neuromotorie causano alle persone che ne sono afflitte problemi di disabilità più o meno gravi che limitano fortemente le loro possibilità di esprimere se stesse ed il loro contributo nei confronti delle persone ad essi vicine e verso la società in generale e rappresentano un enorme costo economico e sociale.
E non dovremo commettere l'errore di credere che la disabilità neuromotoria sia un problema poco rilevante dal punto di vista numerico e di costo economico per la società poiché è vero l'opposto. In Italia ci sono circa 5 milioni di persone che potrebbero necessitare di una qualche forma di terapia neuroriabilitativa, in pratica un numero di persone maggiore del numero della popolazione di quasi tutte le singole regioni italiane.
La mancanza di un adeguato servizio sanitario dedicato alla neuroriabilitazione è un problema molto sentito dalla società, in quanto significa lasciare le persone in condizioni di disabilità più o meno gravi che potrebbero, invece, essere ridotte, a volte anche in modo considerevole.
IL PROBLEMA MEDICO
La disabilità neuromotoria si esprime principalmente attraverso due forme: ipotonia e spasticismo. Esse sono all'origine di tutte le difficoltà di movimento o delle paralisi che affliggono le persone con malattie neuromotorie. Ipotonie e spasticismi sono curate, principalmente, tramite la terapia neuroriabilitativa.
Ed è un fatto noto che il più grande ostacolo alla diagnosi e alle terapie neuroriabilitative è rappresentato dalle numerosissime parti del corpo che sono coinvolte. Una paralisi o uno spasticismo, infatti, possono originare da numerosi e differenti aree del cervello, muscoli e nervi periferici e, inoltre, essi sono alla base di molte malattie che non sono direttamente collegate ai disturbi neuromotori ma che, tuttavia, sono causati indirettamente da esse, come i dolori cronici, i disturbi digestivi e minzionali, solo par fare alcuni esempi.
Esiste, inoltre, un altro problema che coinvolge i muscoli dei pazienti in riabilitazione neuromotoria che va tenuto in considerazione: l’immobilità forzata alla quale essi sono sottoposti genera un fenomeno che viene chiamato “obesità sarcopenica” vale a dire il fenomeno di inversione della composizione corporea nel quale la quantità di massa adiposa presente nel corpo supera quella della massa muscolare, e poiché l'eccesso di massa adiposa nel corpo provoca una produzione eccessiva di adipochine e di sostanze ormonali e la penuria della massa muscolare provoca un eccesso di glucosio nel sangue, ecco allora che si mettono in moto una serie di eventi metabolici negativi a cascata i quali danneggiano la salute di quegli organi che solitamente non sono direttamente coinvolti nell’evento neuromotorio ma che vengono invece ora aggrediti come il fegato, il pancreas, i reni, le vene e le arterie per fare alcuni esempi.
E in aggiunta a questo quadro clinico complesso si deve considerare anche un altro aspetto: i seri danni collaterali che sono provocati dall’uso massiccio e prolungato dei farmaci che i pazienti, inevitabilmente, sono costretto ad assumere per dei periodi di tempo molto lunghi e che diventano essi stessi parte integrante e peggiorativa del problema.
In conclusione, per comprendere tutte le origini di una disabilità neuromotoria occorrerebbe analizzare un numero elevato di parti anatomiche del corpo e questo è un compito molto difficile da eseguire, in quanto richiederebbe l'elaborazione di una grande quantità di informazioni eterogenee e multidisciplinari che si tradurrebbero in dei tempi di esame molto lunghi e nella necessità di avere la contemporanea presenza di numerosi medici di differenti specialità, due requisiti questi che comporterebbero degli sforzi organizzativi e dei costi economici che sarebbero assolutamente insostenibili per i pazienti e per i professionisti sanitari, ma anche per le strutture sanitarie e per i sistemi sanitari nazionali.
Pertanto, la riabilitazione neuromotoria eseguita dai sistemi sanitari è una sorta di compromesso tra ciò che sarebbe necessario fare e ciò che si può ragionevolmente fare.
LE DIAGNOSI DISPONIBILI
La diagnosi e la cura delle malattie neuromotorie soffrono della carenza di strumenti diagnostici ad essi dedicati e i pochissimi disponibili sono esami di tipo osservazionale effettuati tramite la somministrazione al paziente di domande e di esami di tipo posturale, palpatori e di movimento indotto.
Allo stato attuale, infatti, le persone con disabilità neuromotoria sono sottoposte a numerose sedute di riabilitazione nel periodo immediatamente successivo al danno neuromotorio che le ha colpite, oltre ad essere sottoposte a delle altrettanto numerose visite da parte di medici e di professionisti di differenti specialità, i quali prescriveranno delle terapie basate sull’uso massiccio di farmaci, i quali provocheranno numerosi effetti collaterali, che a loro volta causeranno delle altre malattie, le quali saranno curate con degli altri farmaci, innescando così un processo che si autoalimenta e che diventerà sempre più difficile da sopportare, fisicamente e psicologicamente, dopodiché, passato il periodo iniziale, essi saranno progressivamente abbandonati al proprio destino e dovranno fare affidamento solo sulle proprie forze e su quelle delle persone che stanno loro accanto e, la maggioranza delle volte, si renderano pure conto di avere recuperato solo una parte delle capacità funzionali e di movimento che avevano un tempo.
Le tecniche e gli strumenti diagnostici a disposizione della riabilitazione neuromotoria sono pochi e possono essere suddivisi in tre gruppi principali: il gruppo degli esami osservazionali (analisi palpatoria, test posturali, test di movimento, eccetera), il gruppo degli esami strumentali non invasivi (risonanza magnetica cerebrale, analisi stabilometrica, analisi video-fotogrammetrica, elettromiografia di superficie eccetera) e il gruppo degli esami strumentali invasivi (elettromiografia di profondità, biopsia dei nervi periferici, neurochirurgia esplorativa eccetera).
Questi tre gruppi di esami diagnostici soffrono di problemi che vanno dalla pochezza di informazioni ottenibili (è il caso del gruppo degli esami osservazionali), alla scarsa affidabilità (è il caso del gruppo degli esami strumentali di superficie, ad esclusione della risonanza magnetica cerebrale), all'incompletezza delle informazioni necessarie al ragionamento clinico (è il caso della risonanza magnetica cerebrale), fino ad arrivare al loro essere, spesso, poco giustificabili e, soprattutto, poco accettati dai pazienti (è il caso del gruppo degli esami strumentali invasivi).
Gli esami di laboratorio sono poco utili nella riabilitazione neuromotoria e questo perché le origini di questo tipo di patologie sono di tipo principalmente neurofisiologico e biomeccanico e sono scarsamente misurabile da essi ma, in ogni caso, occorre ricordare che gli esami di laboratorio sono dei parametri statistici e questo significa che non possono essere usati per fare diagnosi in una singola persona a causa del fatto che ognuno ha una propria storia clinica e si trova sempre in una situazione personale e medica che lo rende diverso dalle altre persone e, inoltre, va detto che gli esami di laboratorio sono per loro natura, dei parametri fortemente instabili, poco affidabili e dipendenti da numerose variabili e devono essere interpretati dai medici affinché diventino delle diagnosi.
L'unica soluzione disponibile è rappresentata dalle visite specialistiche eseguite dai professionisti sanitari, le quali possono essere certamente di aiuto, tuttavia, il problema risiede nel modo in cui sono organizzati i sistemi sanitari pubblici e privati e la formazione del personale sanitario: essi, infatti, non sono concepiti per rispondere alle esigenze mediche di particolari categorie di malattie e di pazienti, ma piuttosto, sono strutturati per erogare esami strumentali e visite mediche specialistiche che rispondono a dei quesiti clinici ben precisi e che riguardano delle singole malattie, ma non sono adatti per gestire problemi medici che richiedono un approccio diagnostico molto più complesso e che prevedono l'elaborazione di grandi quantità di informazioni eterogenee e multidisciplinari, e la prevenzione e la diagnosi dei dolori e delle malattie muscoloscheletriche possiedono tutte queste caratteristiche di complessità.
Ed effettuare delle diagnosi di tale complessità richiederebbe degli sforzi organizzativi ed economici insostenibili per qualsiasi sistema sanitario e, in ogni caso, avrebbe dei costi che la renderebbero comunque poco accessibile alla popolazione.
E non si intravedono dei progressi nemmeno dalla ricerca medico-scientifica dedicata alla riabilitazione neuromotoria la quale si è concentrata moltissimo sugli studi delle immagini mediche del cervello acquisiti tramite la tecnica di risonanza magnetica funzionale (fMRI), che ha, tra i suoi utilizzi, quello di acquisire delle immagini che rilevano il movimento dell'emoglobina al variare del suo livello di ossigenazione, con lo scopo di associare le aree cerebrali che attivano l'impulso motorio alle loro rispettive aree muscoloscheletriche deputate all'esecuzione dell'impulso e la successiva elaborazione di queste immagini mediante dei software di analisi di tipo statistico. Ed il limite di questa tecnica è dato proprio dal fatto che essa produce valutazioni sulle immagini mediche strettamente di tipo statistico che non sono grado di fornire giudizi di valenza clinica sui singoli pazienti, una caratteristica che essa condivide con gli esami di laboratorio, con i quali condivide anche l'inaffidabilità che, nel caso della fMRI, risulta essere perfino maggiore degli esami di laboratorio.
Un'alternativa agli studi di fMRI è rappresentata dallo studio delle immagini mediche del cervello tramite la tecnica di risonanza magnetica con tensore di diffusione (DTI), la quale, a differenza della tecnica di fMRI, ha la caratteristica di essere applicata non solo al cervello ma anche alle strutture muscoloscheletriche, tuttavia, questa tecnica soffre del grande problema della mancanza di correlazioni tra i parametri di tipo quantitativo che essa produce e i rispettivi sistemi di classificazione e di interpretazione clinica, di tipo qualitativo, effettuati dalla radiodiagnostica, che è la specialità medica di riferimento per questo tipo di esame, e le cui interpretazioni sono indispensabili per tradurre questi parametri della DTI in informazioni di tipo clinico impiegabili realmente sui pazienti.
E per quanto riguarda i risultati ottenuti dalla tecnologia medica nella prevenzione e nella diagnosi di questo tipo di problemi di salute, occorre dire che essa non ha finora prodotto degli strumenti capaci di supportare i professionisti sanitari nei processi di interpretazione delle informazioni cliniche e di formulazione di diagnosi mediche, e questo perché gli strumenti matematici e statistici dell'ingegneria informatica e dell'intelligenza artificiale tradizionale sono inadeguati per un tipo di attività che richiede l'elaborazione e la gestione di una grande quantità di informazioni mediche che non sono di tipo quantitativo, non sono, cioè, delle informazioni che provengono da misurazioni o da calcoli ma sono, al contrario, informazioni di tipo qualitativo, vale a dire che provengono da descrizioni e da classificazioni estremamente eterogenee, espresse in numerosi e differenti linguaggi specialistici, basate sulle interpretazioni soggettive e collettive e che comportano, per chi le esegue, delle responsabilità personali di tipo scientifico, etico, civile e penale.
LE CONCLUSIONI
La conclusione è che, ad oggi, i pazienti che necessitano di una prevenzione o di una diagnosi che individui il loro problema di dolore e la presenza di eventuali malattie muscoloscheletriche non ricevono le risposte appropriate ai loro problemi di salute e, di fatto, possono attendere molti anni prima di ottenere la diagnosi e la cura adeguate, o possono non riceverle mai, e sono costretti a spendere molti soldi in visite mediche di svariati specialisti e a subire le conseguenze negative sulla loro salute causate dai dolori, dalle ernie e dalle artrosi curati in ritardo, curati male, o non curati, conseguenze che possono essere anche molto serie, come la convivenza con dei dolori cronici fortemente invalidanti e la necessità di assumere numerosi farmaci antidolorifici e di sottoporsi a degli interventi chirurgici, all’innesto di protesi o a dei lunghi periodi di riabilitazione, fino a rischiare di sviluppare malattie ancora più serie e di perdere parzialmente o totalmente le capacità di movimento e l'autonomia.
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