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L’argomento che affronteremo in questo articolo riguarda la prevenzione e la diagnosi delle malattie sportive, un argomento ampiamente sottovalutato, vittima di pregiudizi radicati e di un ambiente che, a dispetto di quanto si possa credere, soffre di una profonda e diffusa mancanza di fondamentali competenze tecniche di tipo medico, sia a livello di chi lo pratica sia a livello di chi lo insegna e, soprattutto, dispone di un'offerta sanitaria che non è all'altezza delle esigenze degli sportivi di livello agonistico e tantomeno professionistico, ma che delude perfino per ciò che offre a coloro che lo praticano per semplice passione.
Il problema medico
A differenza di tutte le buone e sagge attività fisiche che hanno lo scopo di rimediare ad uno stile di vita sedentario e che puntano al mantenimento di una buona forma fisica, le quali, se fatte con la dovuta prudenza, sono una vera e propria “medicina senza medicine”, è bene, invece, ricordare che non è affatto vero che lo sport faccia bene alla salute, anzi, è vero proprio il contrario.
Lo sport a livello professionistico, infatti, è dannoso, pericoloso e riduce la qualità e la durata della vita.
Il perché è presto detto: gli sportivi professionisti mettono in condizione di fortissimo stress il loro intero organismo per via dell’uso intensivo che essi fanno di tutte le strutture anatomiche del loro corpo.
Per raggiungere i propri obiettivi, infatti, gli atleti seguono regimi alimentari, piani di allenamento e stili di vita che spingono all’estremo le capacità fisiche dell'organismo, il quale, però, è saggio ricordarlo, non è assolutamente fatto per questo tipo di uso, e i farmaci continuamente assunti, il continuo saliscendi dei livelli delle prestazioni, le costanti situazioni di dolori, di infiammazioni e di lesioni, gli onnipresenti infortuni, gli interventi di chirurgia e le protesi, i periodi di riabilitazione, i valori degli esami di laboratorio poco rassicuranti e le malattie cardiovascolari sempre in agguato, sono lì a ricordare tutto ciò.
Ed è per questo motivo che, anche se si stenterebbe a crederlo, gli sportivi sono, statisticamente, una delle categorie più soggette alle malattie muscoloscheletriche, cardiovascolari e metaboliche e alle conseguenze cliniche, chirurgiche e di aspettative di vita che queste malattie comportano.
E questo problema non si riduce negli sportivi di livello semi-agonistico o amatoriale, anzi, poiché queste categorie di sportivi sono solitamente poco seguite dai professionisti sanitari, sono meno preparate a gestire il proprio corpo e per loro quella sportiva non è neppure l'attività principale, si comprende facilmente quanto i rischi per la loro salute restino comunque molto elevati.
Le diagnosi disponibili
Innanzitutto, occorre dire che l'ambiente attorno a cui ruotano le attività sportive soffre di una diffusa e generale ignoranza riguardo al grande impatto che lo sport esercita sull'organismo, un'ignoranza che porta molti praticanti e molti addetti ai lavori a sottovalutare i gravi problemi di salute che esso può provocare.
Questa ignoranza, a sua volta, genera altri due comportamenti che minacciano la salute degli sportivi e che sono anch'essi ampiamente sottovalutati: il primo riguarda l'abitudine all'autodiagnosi e il secondo riguarda l'abitudine di affidare la propria diagnosi a dei professionisti inadeguati o, peggio ancora, privi di scrupoli.
È infatti noto il problema degli sportivi, di qualsiasi livello, che adottano regimi alimentari o assumono integratori e farmaci senza consultarsi con i medici o che, paradossalmente, si rivolgono a dei medici dalla discutibile moralità per chiedere ad essi la somministrazione di farmaci o di preparati biologici senza che vi sia una reale indicazione clinica, totalmente incuranti dei grossi rischi di incorrere in malattie invalidanti, di subire interventi chirurgici, di vedersi applicate delle protesi o di essere colpiti da ictus o da infarti.
Così come è altrettanto nota la tendenza di molti sportivi ad affidarsi a dei professionisti che non sono in possesso delle competenze necessarie per gestire l'attività sportiva e le conseguenze di queste scelte sono, ancora una volta, l'insorgenza di disturbi fisici e di malattie invalidanti o mortali.
Dobbiamo anche ammettere, però, il fatto che la medicina ufficiale non ha un'offerta medica dedicata alla prevenzione e alla diagnosi delle malattie sportive. Infatti, la salute dei professionisti dello sport, il cui valore economico di molti di essi può arrivare ad essere di centinaia di milioni di euro, è, ad oggi, gestita mediamente con un approccio medico il cui livello tecnico è sostanzialmente uguale a quello con cui è gestita la salute di una persona sedentaria che pratica attività sportiva.
A questo tipo di gestione se ne affiancano altre due che possiamo definire come le versioni estremizzate della prima: da una parte ci sono quelli che gestiscono gli sportivi con un approccio di tipo psicologico e motivazionale e dall'altra ci sono quelli che li gestiscono con un approccio di tipo tecnologico e ingegneristico.
La prima e (relativamente) più economica soluzione disponibile per gli sportivi è rappresentata dagli esami di laboratorio, i quali però, è bene dirlo, non sono equivalenti ad una visita medica poiché essi sono dei parametri statistici e questo significa che non possono essere usati per fare diagnosi in una singola persona a causa del fatto che ognuno ha una propria storia clinica e si trova sempre in una situazione personale e medica che lo rende diverso dalle altre persone e, inoltre, va detto che gli esami di laboratorio sono per loro natura, dei parametri fortemente instabili, poco affidabili e dipendenti da numerose variabili, non a caso essi devono essere sempre interpretati da un medico.
Gli esami di laboratorio sono poco utili nella valutazione dei parametri muscoloscheletrici degli sportivi, a causa della natura fisiopatologica di questo tipo di disfunzione che è causata, lo ricordiamo, dall'assenza di produzione dell'impulso motorio a livello cerebrale, dalla conseguente assenza di trasmissione dell'impulso attraverso il sistema nervoso periferico e dalla inevitabile assenza di movimento a livello muscoloscheletrico, tutti fenomeni fisiopatologici scarsamente misurabili dagli esami di laboratorio,
La seconda e meno economica soluzione a disposizione è rappresentata dalle visite specialistiche eseguite dai professionisti sanitari, le quali possono essere certamente di aiuto, tuttavia, il problema risiede nel modo in cui sono organizzati i sistemi sanitari pubblici e privati e la formazione del personale sanitario: essi, infatti, non sono concepiti per rispondere alle esigenze mediche di particolari categorie di malattie e di pazienti, ma piuttosto, sono strutturati per erogare esami strumentali e visite mediche specialistiche che rispondono a dei quesiti clinici ben precisi e che riguardano delle singole malattie, ma non sono adatti per gestire problemi medici che richiedono un approccio diagnostico molto più complesso e che prevedono l'elaborazione di grandi quantità di informazioni eterogenee e multidisciplinari, e la diagnosi delle malattie sportive possiede tutte queste caratteristiche di complessità.
Ma, come già esposto nel precedente paragrafo, una diagnosi di questa complessità richiederebbe degli sforzi organizzativi ed economici insostenibili per qualsiasi sistema sanitario e, in ogni caso, avrebbe dei costi che la renderebbero comunque poco accessibile alla popolazione.
Per quanto riguarda i progressi ottenuti dalla ricerca medico-scientifica nella prevenzione e nella diagnosi delle malattie sportive bisogna dire che, rispetto alla mole sterminata di pubblicazioni che ha prodotto, i risultati applicativi che ha ottenuto sono praticamente inesistenti e uno dei motivi principali è da attribuire alla natura stessa di questi studi, i quali tendono ad allontanarsi dalla ricerca di tipo clinico e a concentrarsi sugli aspetti biologici, metabolici o nutrizionali fino ad arrivare ad assumere una forte connotazione di tipo ingegneristico o statistico.
E per quanto riguarda la tecnologia medica nella prevenzione e nella diagnosi delle malattie sportive, essa ha raggiunto dei promettenti risultati nell'ambito dell'acquisizione, dell'elaborazione, dell'analisi e della gestione dei parametri medici, ma questi risultati non hanno portato a dei risultati rilevanti dal punto di vista delle applicazioni cliniche, e questo perché non è stata in grado di costruire degli strumenti capaci di supportare i professionisti sanitari nei processi di interpretazione delle informazioni cliniche e di formulazione di diagnosi mediche, in quanto gli strumenti matematici e statistici dell'ingegneria informatica e dell'intelligenza artificiale tradizionale sono inadeguati per un tipo di attività che richiede l'elaborazione e la gestione di una grande quantità di informazioni mediche che non sono di tipo quantitativo, non sono, cioè, delle informazioni che provengono da misurazioni o da calcoli ma sono, al contrario, informazioni di tipo qualitativo, vale a dire che provengono da descrizioni e da classificazioni estremamente eterogenee, espresse in numerosi e differenti linguaggi specialistici, basate sulle interpretazioni soggettive e collettive e che comportano, per chi le esegue, delle responsabilità personali di tipo scientifico, etico, civile e penale.
Conclusione
La conclusione è che, ad oggi, gli sportivi che necessitano di una diagnosi che individui i loro disturbi e la presenza di eventuali malattie sportive non ricevono le risposte appropriate ai loro problemi di salute e, di fatto, possono attendere molti anni prima di ottenere la diagnosi e la cura adeguate, o possono non riceverle mai, e sono costretti a spendere molti soldi in visite mediche di svariati specialisti e a subire le conseguenze negative sulla loro salute causate dai disturbi e dalle malattie sportive curati in ritardo, curati male, o non curati, conseguenze che possono essere anche molto serie, come la convivenza con dei disturbi fortemente invalidanti, come i dolori cronici o la necessità di assumere numerosi farmaci, di sottoporsi a degli interventi chirurgici, all'innesto di protesi o a dei lunghi periodi di riabilitazione, fino a rischiare di sviluppare delle malattie ancora più serie e di vedere diminuire la qualità della vita e le aspettative di vita stesse.
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